Sono trascorsi undici anni da quando abbiamo ricordato ii centenario della nascita di uno del nostri concittadini piü illustri, il pittore Piero Sigalini.
La mostra antologica, allestita nell’ottobre 2008 in Dello, ebbe come fondale le pareti del salone e delle stanze dell’ex palazzo Baronio che domina con la parrocchiale lo slargo della piazza.
Oggi è in una corte, edificata per esigenze agricole, ma con tutti i risvolti del sapere, che prende vita il museo a lui dedicato.
Affacciato sull’antico “Vicolo dell’aria”, poi rinominato in onore del benemerito parroco don Pietro Guindani, è ubicato a una manciata di passi dalla casa natale dell’artista.
La scelta è caduta su un binomio inscindibile dell’architettura rurale bresciana, stalla e fienile che in passato hanno riassunto ii vissuto e la sopravvivenza del nostri avi.
Questi ambienti, testimoni della vita magra e del respiro lungo di uomini e animali, freschi di rispettoso restauro conservativo, accogliendo le creazioni inedite di Sigalini mutano in motore culturale, sostanziato da un progetto del presente ma proiettato sul futuro.
Già noto come sublime cantore per aver fatto colloquiare la materia dell’arte con quella della variazioni luminose, per aver interpretato ii timbro agreste della sua terra, per le tecniche ricercate, per la potenzialità espressiva, per l’intrinseca vocazione tonale, Piero Sigalini con questo gruppo di dipinti esciusivi ci coinvolge con i messaggi che hanno dato senso alla sua ricerca.
Al pan delle stagioni la pittura si inebria delle sue linfe, la percorre un vento innovatore che s’intinge di freschezza, di barlumi sboccianti.
Il suo “Novecento” è pervaso da una sacralità avvincente che scivola da un tema all’altro come onnipresenza del divino nell’umano, ben rappresentato dalla luce che si posa, ondeggia e si disfa.
Cosi negli scampoli di “Bassa Pianura” fra i grigi perlacei delle nuvole squarci di cielo regalano improvvise apparizioni di Maestà e Santi ad un’umanitã in cammino ma, vigile al cospetto del mistero.
I richiami alla fede sono pure documentati dalle effigi di Madonne stemperate sugli altari delle chiese, oggetto di petizioni spirituali e materiali, negli scorci di paese percorsi da processioni oranti anticipate dalla croce.
Altre volte sono angoli rustici o la pacata armonia della campagna ad animarsi di figure sapientemente abbozzate devote alla semplicità di una vita dignitosa, dedita all’essenziale.
L’ispirazione è alimentata anche da sguardi posati sulla neve, distesa coltre del silenzio, in cui palpitano in leggere accensioni sul bianco i riverberi delle facciate degli edifici.
Ed ancora ii fuoco che arde nel caminetto, allegorico dell’ambiente famigliare soffuso di benessere.
Non manca l’approccio alla realtà compositiva delle nature morte, sempre ricche e intense di stupore, ricompense della natura al lavoro duro dell’uomo e alle cure prestate, riposte sui davanzali di finestre aperte sulla grande varietà di suggestioni suscitate dal paesaggio.
L’artista, introducendo anche il tema della guerra, con sottolineature di commossa partecipazione sulle drammatiche esperienze personali vissute da prigioniero in Algeria, ci comunica quanto sia prezioso il dono della pace, alla cui tutela siamo tutti chiamati.
Quanti smisurati colpi di spatola o pennello, quanti ritorni di sfumatura in sfumatura si sono tradotti in maestria di variazioni cromatiche nella pittura di Piero Sigalini.
Ora quei tocchi, quei momenti fermati per sempre e consegnati alla sfera del mito, al pan del virtuosismo del musicisti, escono dalla tavolozza all’improvviso come se fosse la prima volta, ci scuotono e si fanno vita lasciandoci imperitura memoria del suo segno: vibrante ambasciatore di maestosa grandezza.
Dello (Bs) ottobre 2019
Floriana Maffeis